Secolo XXI: cento anni di rischi, disastri, pandemie e collassi. Sarà ricordato così il nostro secolo negli annali della Storia del 3° millennio? Una domanda provocatoria ma necessaria per cominciare ad affrontare seriamente la questione fondamentale di questa epoca, il cambiamento climatico.
No, non sarà la SARS-CoV-2, conosciuta come Covid-19, la questione che definirà questi anni.
La disastrosa pandemia che sta imperversando nei territori di tutto il globo, minacciando vite (e stili di vita) ad un ritmo allarmante, è solo la punta di un iceberg molto più profondo. Sebbene sia un evento dagli enormi lati negativi, può trasformarsi in punto di svolta e può diventare una lezione fondamentale per affrontare l’incerto, l’imprevedibile (vedi Palermo e la tempesta del 15 Luglio 2020).
Il cambiamento climatico è qui ed ora. Persino la riduzione di tutte le emissioni di gas a effetto serra non fermerebbe gli impatti e gli effetti climatici che si stanno già verificando.
Per affrontare questa transizione la strategia di mitigazione deve avvalersi di un piano complementare: l’Adattamento.
Cosa significa adattamento ai cambiamenti climatici?
In termini generali, l’adattamento ai cambiamenti climatici riguarda le azioni preventive e reattive di riduzione della vulnerabilità da calamità e minacce climatologiche (es. innalzamento del livello del mare) e meteorologiche (es. acquazzoni e grandini), le quali possono essere dirette (es. ondate di calore o periodi di secca) e indirette (es. incendi spontanei boschivi).
Riguardo alle azioni e alle misure per fronteggiare questi pericoli ci sono diverse soluzioni. Oltre alle classiche soluzioni ingegneristiche “hard” (es. dighe, estensione di casse d’espansione) ci sono anche soluzioni più “soft” come per esempio quelle basate sulla natura (in inglese Nature-based solutions). L’adattamento però non avviene solo tramite la ristrutturazione fisica dei contesti urbani, rurali e naturali, ma deve anche e soprattutto considerare la riorganizzazione del governo del territorio (es. piani di emergenza della protezione civile) e dei modus vivendi delle popolazioni (es. smart working durante i periodi di ondate di calore). Vista la moltitudine dei rischi e la specificità dei contesti – adattarsi in una città costiera è diverso dal farlo in una località rurale pedemontana – bisogna dunque essere consapevoli che non esiste una panacea che risolve tutti i “mali” climatici. Esiste però un fil rouge che accomuna qualsiasi soluzione: la prontezza nell’affrontare l’inaspettato, l’incerto e l’ignoto.
A distanza di 5 anni dalla COP21, la Conferenza delle Parti che ha inserito l’adattamento tra gli obiettivi internazionali condivisi, la domanda sorge spontanea e si pone chiara: siamo pronti ad affrontarlo seriamente? Siamo pronti a lavorare in maniera proattiva e ridurre vulnerabilità e costi?
Il messaggio dal Covid-19 dovrebbe essere chiaro: bisogna giocare d’anticipo.
Per il cambiamento climatico, come per una pandemia, i costi di una calamità sono destinati a superare di gran lunga quelli della sua prevenzione e preparazione (questo articolo della società di consulenza McKinsey lo spiega nel dettaglio).
Una nota positiva arriva dall’Unione Europea (UE) che attraverso la Commissione ha aperto la consultazione pubblica per una nuova strategia sull’adattamento. Nell’ambito del Green Deal Europeo, di cui Italian Climate Network sta analizzando lo sviluppo, la Commissione intende presentare la strategia nel 2021, basandosi su quella attuale (approvata nel 2013 e poi aggiornata nel 2018).
Nonostante i buoni propositi e svariati incontri e processi decisionali, per l’UE e i paesi membri l’adattamento è ancora una questione “di settore”. Come già detto in precedenza, l’adattamento è anche ri-organizzazione governativa e di governance. Purtroppo allo stato attuale, invece di integrarsi negli schemi decisionali nazionali (e si spera poi anche ai livelli sottostanti) e far sì che si crei un coordinamento interministeriale, le pianificazioni nazionali per l’adattamento rimangono una questione di nicchia, l’ennesimo nuovo settore con pochissimo potere decisionale (e leadership), scarse risorse e con pochissima implementazione (un recente articolo accademico tratta la questione in maniera approfondita).
Per ovviare e risolvere alcuni di questi problemi di lunga data, e ricordandoci che l’obiettivo finale dell’adattamento è la protezione dei cittadini e dei territori, la nuova strategia dell’UE punta a rendere le azioni di adattamento efficaci puntando di più sul coinvolgimento dei privati, sul rafforzamento dell’uso delle NBS e sulla continua attenzione al supporto finanziario per le città. Affinché gli obiettivi di adattamento vengano integrati e resi operativi nei quadri di pianificazione soprattutto dei governi locali, le policies dovranno essere più coordinate, integrate e inclusive anche verso i non-addetti ai lavori (la mia recentissima Tesi di Dottorato del Politecnico di Torino tratta l’argomento in maniera più approfondita).